venerdì 15 giugno 2018

 
 
 
Un suggestivo frantoio costruito sul finire del Settecento tra i panoramici uliveti di Capo Milazzo. Una straordinaria testimonianza del nostro passato che proietta magicamente indietro nel tempo chi ne attraversa il portale d’ingresso. Un bene culturale sconosciuto ai più, che dal 12 giugno 2018 viene aperto al pubblico grazie all’impegno dei volontari della Società Milazzese di Storia Patria ed alla collaborazione di Amendolia Assicurazioni. «In verità il merito va alla famiglia Parisi-Castellano, proprietaria dell’antico trappeto, che da ormai un decennio si prende amorevolmente cura di questo antico ed affascinante fabbricato rurale collocato in contrada Croce, nel cuore del Promontorio», spiegano i volontari del sodalizio, che hanno predisposto una dozzina di aperture all'anno per consentire a visitatori e scolaresche la fruizione di quella che la stessa Società Milazzese di Storia Patria definisce una sezione staccata del Museo Etnoantropologico allestito nell’ex Carcere Femminile di via Impallomeni.
«Da parte nostra - continuano i volontari di Storia Patria - solo un puntuale contributo storico e descrittivo, con eleganti pannelli informativi generosamente offerti dall’arch. Giusi Marullo, titolare dell’azienda agricola “Barone Ryolo” presso l’antico frantoio (oggi agriturismo) di contrada Fontanelle. Ed ancora la predisposizione di una serie di accorgimenti rivolti a rendere più sicura la visita del frantoio ed il servizio di accoglienza ai visitatori, che avranno l’opportunità di scoprire ed ammirare un tesoro nascosto della nostra Milazzo. Il resto è tutto merito della signora Donatella Parisi e del marito Felice Castellano, che assieme ai figli Carmelo e Francesco hanno preservato e tutelato con non pochi sforzi e sacrifici la macina ed il possente torchio ligneo, arricchendo giorno dopo giorno l’esposizione con una serie di reperti contadini provenienti proprio da Capo Milazzo, alcuni di notevole valore etnoantropologico. Come l’ormai introvabile “zappùni ‘nvirmiddàtu”, arnese bicorne impiegato negli ultimi secoli dai contadini del Promontorio per smuovere i terreni più aridi e pietrosi. Ed infine, sorpresa nella sorpresa, una preziosa collezione di arnesi da carradore, appartenuti ai maestri Castellano ed impiegati nella prima metà del Novecento tra Milazzo e Barcellona per la costruzione dei carretti».
 
 
La famiglia Parisi-Castellano, proprietaria dell'antico frantoio della fine del XVIII sec.
 

 
 






 

 







Metallurgica Siciliana di G. Comandè e C.°, anni Cinquanta. Ferri da stiro a carbone marca «Due Leoni». Ben visibile, nel ferro da stiro a destra dell’immagine pubblicitaria, uno dei due leoni che affianca le iniziali della Metallurgica Siciliana («MS»). Gli esemplari “Due Leoni”  venivano acquistati da alcune ditte dell’Italia meridionale che provvedevano poi ad inoltrarli ai paesi dell’Africa settentrionale, ancora sprovvisti di un’adeguata rete di distribuzione dell’energia elettrica. Venduta dai F.lli Donati, la fonderia «in ghisa e metalli» di via S. Giovanni venne rilevata da Giovanni Comandè e produceva, oltre a «getti meccanici», una vasta gamma di prodotti che includeva anche cassette da scarico wc, fornacette, mensole e chiusini. Dava lavoro a 40 unità lavorative.