Un
suggestivo frantoio costruito sul finire del Settecento tra i panoramici
uliveti di Capo Milazzo. Una straordinaria testimonianza del nostro passato che
proietta magicamente indietro nel tempo chi ne attraversa il portale
d’ingresso. Un bene culturale sconosciuto ai più, che dal 12
giugno 2018 viene aperto al pubblico grazie all’impegno dei
volontari della Società Milazzese di Storia Patria ed alla collaborazione di
Amendolia Assicurazioni. «In verità il merito va alla famiglia
Parisi-Castellano, proprietaria dell’antico trappeto, che da ormai un decennio
si prende amorevolmente cura di questo antico ed affascinante fabbricato rurale
collocato in contrada Croce, nel cuore del Promontorio», spiegano i volontari
del sodalizio, che hanno predisposto una dozzina di aperture all'anno per consentire a visitatori e
scolaresche la fruizione di quella che la stessa Società Milazzese di Storia
Patria definisce una sezione staccata del Museo Etnoantropologico allestito nell’ex
Carcere Femminile di via Impallomeni.
«Da parte
nostra - continuano i volontari di Storia Patria - solo un puntuale contributo
storico e descrittivo, con eleganti pannelli informativi generosamente offerti
dall’arch. Giusi Marullo, titolare dell’azienda agricola “Barone Ryolo” presso
l’antico frantoio (oggi agriturismo) di contrada Fontanelle. Ed ancora la
predisposizione di una serie di accorgimenti rivolti a rendere più sicura la
visita del frantoio ed il servizio di accoglienza ai visitatori, che avranno
l’opportunità di scoprire ed ammirare un tesoro nascosto della nostra Milazzo.
Il resto è tutto merito della signora Donatella Parisi e del marito Felice
Castellano, che assieme ai figli Carmelo e Francesco hanno preservato e
tutelato con non pochi sforzi e sacrifici la macina ed il possente torchio
ligneo, arricchendo giorno dopo giorno l’esposizione con una serie di reperti
contadini provenienti proprio da Capo Milazzo, alcuni di notevole valore
etnoantropologico. Come l’ormai introvabile “zappùni ‘nvirmiddàtu”, arnese
bicorne impiegato negli ultimi secoli dai contadini del Promontorio per
smuovere i terreni più aridi e pietrosi. Ed infine, sorpresa nella sorpresa,
una preziosa collezione di arnesi da carradore, appartenuti ai maestri
Castellano ed impiegati nella prima metà del Novecento tra Milazzo e Barcellona
per la costruzione dei carretti».
La famiglia Parisi-Castellano, proprietaria dell'antico frantoio della fine del XVIII sec.


Metallurgica
Siciliana di G. Comandè e C.°, anni
Cinquanta. Ferri da stiro a carbone marca «Due Leoni». Ben visibile, nel ferro
da stiro a destra dell’immagine pubblicitaria, uno dei due leoni che affianca
le iniziali della Metallurgica Siciliana («MS»). Gli esemplari “Due Leoni” venivano acquistati da alcune ditte
dell’Italia meridionale che provvedevano poi ad inoltrarli ai paesi dell’Africa
settentrionale, ancora sprovvisti di un’adeguata rete di distribuzione dell’energia
elettrica. Venduta dai F.lli Donati, la fonderia «in ghisa e metalli» di via S.
Giovanni venne rilevata da Giovanni Comandè e produceva, oltre a «getti
meccanici», una vasta gamma di prodotti che includeva anche cassette da scarico
wc, fornacette, mensole e chiusini. Dava lavoro a 40 unità lavorative.